mercoledì 10 gennaio 2007

Nietzsche: Il crepuscolo della ragione



Ineguagliabile il saggio di Adriano Romualdi sul nucleo del pensiero di Friedrich Nietschze, sul Nietschze punto e basta, senza distinguo pusillanimi e piccinerie compromissorie. Il filosofo sassone è protonazista, questo è quanto e che non se ne parli più.
Il filosofo stedeschizzato era l'unico genio incontrastato e incompreso del secolo XIX, sulla cui augusta figura si sono dilettati in diversi a gettare fango, comunisti, liberali, plutocratici, anime prave, critici e studiosi al soldo dell'internazionale, capibanda del comunismo europeo (Lukacs, Gramsci, Hollingdale ecc.).
LUI era il solo capace di avvertire l'ondata di nichilismo che stava per travolgere il rammollito vecchio continente piegatosi al suffragio universale, alla decadenza anglosassone, all'umanitarismo cristiano e socialdemoratico, pietoso nei riguardi di una umanità di zeri e di parassiti, obliosa verso il glorioso passato pagano greco, barbaro e romano barbarico. Nietschze amava dafinirsi un "barbaro ebbro sognante ai piedi della statua di Venere".
Nietschze è insomma per Romualdi una reliquia dotata di una certa dignità (anche troppa), uno zio d'America che non sfruttare sarebbe sciocco, lasciarlo alle balzane e criminose interpretazioni dei valletti del marxismo, con il "mondano" Sartre in testa, sarebbe pretta balordaggine. Un grande poeta, uno squisito filosofo maestro per antonomasia delle anime alte, solitarie, sensibili, potrebbe tracciare la strada alla destra italiana dei primi anni sessanta, impelagata fra legalitarismo e illegalitarismo, lungo una direttrice altra dal dogma egualitario del 1789, del "diluvio democratico" come lo chiamava D'Annunzio. Un progetto ambizioso che cela, tutt'altro che abilmente, dove inizia la politica e dove finisce la propaganda, dove si scorge la restaurazione e dove si intravvede la rivoluzione, conservatrice naturalmente. Quanto ai mezzi, al tempo, al luogo, ai contatti e ai legami da suggellare per oggettivare il piano astratto e piantato saldamente nel cumulo cartaceo dei saggi sui filosofi destrorsi, non è dato sapere. La chiesa resta fuori, è ovvio; Romualdi la sviolineggia da ventriloquo, usando gli aforismi e le escandescenze in tedesco di Nietschze.
Pare rivolgersi, come appuntava il Filosofo nel sottotitolo del Zarathustra, a tutti e a nessuno. Forse alle classi tradizionalmente toccate da questi argomenti delicati: le forze armate, i rimasugli di aristocrazia collassata e rimbambita dagli agi e dagli stravizi, che non conosce più un'erezione come si deve dal XV secolo.
Ma Nietschze dice: "l'umanità di cui io parlo non è ancora nata" anche se benedice l'opra di san Bismarck, si arruola e si incazza belluinamente quando il Kaiser decide di accontentarsi dell'Alsazia e della Lorena, che non sono due contadinotte appetitose.
E abbandona tutti gli amici imborghesiti, accademizzati, burocritizzati Wagner e Burckhardt. Preferisce la compagnia di ebrei come il filosofo Paul Rée e l'acerba Lou Andreas-Salomé, poichè Romualdi tende a ribadire <<>>. Salvo poi tirare in ballo i libelli cinematografici degli ebrei di Hollywood contro i signori della Germania nazista. Nel pensiero di Romualdi, più che in quello di Nietschze, sembra regnare la confusione totale e assoluta.
Neanche una riga sul fatto che Marx e Nietschze siano in ultima analisi le sconvolgenti due facce della stessa medaglia.
I filosofi della perpetua lotta di classe o meglio tra classi, portata avanti con teutonica franchezza, sfrondata dagli imperativi utilitari.
L'uomo di Rocken battagliava per il ritorno all'ideale estetico ed etico incontaminato romano-barbarico, sconsacrato da una religione debole e rinunciataria che seppelliva il meglio dell'essere umano, il lato animale e divino, l'arbitrio e la sregolatezza procreatrice di eroi. L'uomo di Treviri sottolineava con la lente del razionalista, dell'economista, il tramonto delle aristocrazie in seguito a complessi stravolgimenti tecnologici e sociologici (senza menzionare il carattere spregevole ed egoista della casta); la scalata superba delle borghesie e il prossimo sopravvento del proletariato. Una panoramica pulita e oggettiva, credibile e priva della stizza arrogante che assale il sopravvissuto, il retrò quando si accorge che il mondo non và nel modo e nella direzione da lui prevista e agognata.
"Gli schiavi un giorno vivranno da borghesi ma avranno chiaro il senso della superiorità della classe dominante", frase che lascia presagire come Nietschze non avversasse il benessere per il popolo, ma la pretesa di democrazia, ove per democrazia si intenda partecipazione attiva della maggioranza nelle decisioni che attengono la nazione e il bene comune. Perchè parlare dunque di schiavi e di padroni, di patrizi dediti all'ozio e di plebei alla fatica?
Il Filosofo sperava anche che un giorno l'incombenza ai lavori pesanti, disumani appunto, venisse demandata a quanti non potessero propriamente definirsi umani, ai poveri cristi. Vogliamo chiamarli con presunzione progressista robot, macchine, mettendo nel conto l'idiosincrasia di Nietschze per la scienza e il progresso?
Per quanto concerne il discorso della reggenza, l'elite è qualcosa che possiamo riscontrare apertamente anche presso i popoli e i governi maggiormente evoluti, libertari, democratici. Libertà e pari opportunità non si traducono istantaneamente in paludismo, mediocrità e mancanza di stimoli, anzi li creano.
Venendo alla promiscuità fra razze, sotto il profilo di pregiudizio culturale e discusso e discutibile, sotto il punto di vista scientifico è stato smascherato della sua infondatezza. Il meticciato e documentato come una risorsa aggiunta all'arricchimento del patrimonio genetico e culturale dell'uomo. L'eugenetica, il monorazzismo sono la scaturigine di malattie, rendono decrepita la razza che si isola, la indeboliscono.
E come la classica prigione d'ovatta, la campana di vetro che genera smidollati infrolliti, non valorosi Sigfridi. Checchè ne dicano pseudoscienziati in sedia a rotelle, tipo Julius Evola o l'entusiasta leguleio nietschziano Romualdi, con il loro tedioso e delirante superuomo. La scienza è roba diversa dalla loro Città del sole nazista e antioperaia.

Filippo Barbera

1 commento:

Unknown ha detto...

ciao ,nn scrivo per commentare il tuo blog. Lo faccio solamente perchè ho l'impressione di conoscerti ,nn ci crederai .....
so chi sei. se sei curioso di sapere chi sono io puoi contattarmi sulla mia mail :
adel1985@gmail.it nn sono una donna , nn lasciarti ingannare dall'indirizzo.