mercoledì 7 maggio 2008

Il consigliori

Mentre Silvio Biscione Berlusconi si appresta a salire a Palazzo Chigi dopo aver dilaniato la giovane e inesperta preda pidina, si scorge alla sua sinistra un tizio che chiede con insistenza di poter parlare con Veltroni. Sul Foglio, il giornale dei consigliori tuttologhi, Christian Rocca si è messo in testa di dettare l'agenda del Partito democratico. Lui, triste personaggio a metà strada tra il neoconservatorismo parafascista americano e una Radio libera, usa il pallottoliere in soccorso del born in the Usa Walter, anzi, Uòlter. Immaginate gia i consigli che gli passa il mentore? Eppure sono prevedibili. Suvvia, vi do un aiutino. Il genio sdottoreggia dalle colonne di un giornale finanziato dalla consorte del premier, quindi dell'avversario numero uno del destinatario. Niente, siete lontani dall'indovinare? E va bene, visto che vi arrendete subito ve lo dirò. Il paraculo ribadisce per l'ennesima volta l'inesistenza del conflitto d'interessi, chiamando a testimoniare dagli Usa nientepopodimeno che il premio Oscar Al Gore, il quale nella sua immensa e magnanima discrezionalità strafottente afferma che un presidente editore ... we can, si può fare. In Italia ovviamente; negli States meglio farne a meno. Cestinato il più macroscopico conflitto d'interessi del mondo occidentale, Rocca arriva ai sospirati suggerimenti che garantiranno al Walter il successo, forse tra cinque o dieci anni, tanto non c'è fretta come dice il bravo Antonio Polito: In Inghilterra i toryes hanno dominato un quindicennio, in Germania la Cdu quasi vent'anni, quindi che problemi ci sono a tenerci Berlusconi, la Lega i Tosi e le tuse per più di un lustro? Nessuno! Il mitico Uòlter avrà da fare le seguenti grandi epurazioni (liberali): cancellare lo stalinismo mediatico (ma guarda un pò ...) di Prodi e Visco, ultimamente in vena di Big brother Orwelliano con la trovata di pubblicare online i redditi di milioni di italiani alimentando la mania da denucia, come la Russia del bel tempo che fù o anche gli Stati Uniti post 11 Settembre, quelli del Patriot Act e dell'isteria collettiva da terrorismo, come saprà benissimo l'americanofilo Rocca. Comunque sia, liberarsi di quei due, anche se, a dir la verità, Prodi si è gia tolto di mezzo di sua spontanea volontà. Fatto? Ma sarebbe più opportuno dire: Fatto!
Scaricare un'altro annoso e molesto problema, quel ferro vecchio di Maxim Gorkij D'Alema, l'intelligente per eccellenza sospetto antisemita e possibile quinta colonna del nemico rosso messo alla porta il 14 di Aprile. Ma non giubilarlo, o che so metterlo tra i probiviri, liquidarlo proprio, farlo sparire, folenizzarlo rimandandolo nel porcile bolscevico. Fatto? Inseguire l'elettorato moderato (!), garantista (tipo pensionato leghista), anticomunista (ancora?), meglio noto come cittadino da paese normale (in Italia Uòlt stenterà a scovarli) e non da paese-che-piace-a-Gianni Vattimo. Fatto? Attaccare i conservatori di destra e quelli, sopravvissuti, di sinistra adottando la ricetta di liberalizzazioni dei prof. Giavazzi e Alesina per combattere il neocorporativismo antimercatista di Tremonti e An. Dimenticavo! Cacciare il piantagrane Antonio Di Pietro, il noto visir della casta togata responsabile del basso impero italiano, tra l'altro l'unico gerente di un partito vagamente somigliante alla destra storica e liberale. Ma si, faremo a meno pure di Tonino, tanto che ch'azzecca la destra storica con la sinistra liberal modello Walterloo. Fatto anche questo? Benissimo, la lezione è finita, e con essa il centrosinistra, esclama esultante Rocca. Nel frattempo il diabolico Machiavelli formato Big Mac, tra una pacca amichevole e un mirallegro, dirige Uòlter e il Pd verso il baratro di ventanni di opposizione. Fine della favola. A proposito, Rocca auspica che Veltroni si doti finalmente di un potente organo d'informazione alternativo all'Unità e ad altri giornalacci urlatori. Come il Riformista e oltre la blanda Europa dell'ex soviet manifestino Menichini (o Manichini). E i lettori? L'aborrita Unità da sola vende più copie dei due quotidiani moderati e riformatori messi insieme. Come mai? Magari perchè la linea editoriale del giornale fondato da Gramsci - condito col pepe giustizialista di Travaglio, lo snobismo radical chic di Furio Colombo e l'incisività agrodolce di Padellaro - alletta più di un cencioso e smilzo duefogli arancione o di una testata cattolico progressista dove ci si trova spesso e volentieri d'accordo col Pdl.

sabato 3 maggio 2008

Fiamma (tricolore) Nirenstein

Piegate la cervice, please, signori intellettuali progressisti che andate a braccetto coi rivoluzionari antidemocratici e terroristi. Sul Giornale Fiamma Nirenstein adopra i ferri vecchi del mestiere di far l'ebreo offeso, un mestiere che desta in me un'assoluta ripugnanza. E sia detto con il massimo rispetto verso il popolo ebraico e verso quelle rispettabile persone di religione o di discendenza ebraica che come me malsopportano la retorica nazionalista del sionismo gabellata come essenza dell'ebraismo. Veniamo ai fatti. La rossa Fiamma risponde a una pesante ingiuria ("fascista, più che fascista ...") lanciatagli da Gianni Vattimo durante la trasmissione L'Infedele. Il conduttore della detta trasmissione televisiva, Gad Lerner, complice, non ha redarguito il maleducato filosofo che insultava una persona assente dallo studio. La signora Nirenstein inoltre faceva sapere a Lerner la decisione di non prendere parte alla Festa del libro di Torino. Fatti loro. Allo scopo di irrobustire l'articolo, altrimenti ridotto all'esile costituzione di un telegramma, la Fiamma tricolore usava il riempitivo arcinoto familiare all'ebreo offeso: la storia al latte e miele dello stato di Israele. Unica democrazia in medioriente e perciò legittimata a compiere indiscriminate rappresaglie contro le genti palestinesi; nazione a cui spetta di diritto un posto al sole in quel teatro esotico culla del cristianesimo e perciò della cultura europea; nazione che ama la pace e la concordia continumante conculcata dai professionisti del terrore accecati dell'ideologia e coccolati dai professorini occidentali. Per finire, non manca il classico colpo di grazia inferto precisamente alla nuca dei refrattari (dove il manganello verbale di Mussolini precedeva quello turgido e materiale della feccia squadrista): " ... chi dopo tutto questo è fermo ancora al mito di Israele imperialista e forse anche, come dicono ormai in pochi pazzi, nazista, dimostra solo che la sua cervice è dura e ancorata alla nostalgia di schemi decrepiti". Struttura logica identica a molte altre sparate berlusconiane: chi professa opinioni diverse dall'ebreo offeso è una testa di rapa, un dinosauro novecentesco, uno che poteva avere ragione quarant'anni fà ma che oggigiorno risulta di un grottesco fuori tempo massimo. Perchè? Perchè hanno ragione e basta, devono avere ragione loro, gli ebrei offesi dal revisionismo solo quando versa soda caustica nelle di loro ferite mentre per tutto il resto, dal 25 Aprile al 1 Maggio, si limitano a dormire i sonni beati degli irresponsabili, votano Pdl e sgignazzano sbarazzini quando vedono Alemanno (che non sarà antropologicamente fascista come ha scritto Valentino Parlato, ma ha la faccia sbilenca e pallida di una maschera carnevalesca) sfoggiare orgoglioso la croce celtica. Macchè fascista, sbotta Riccardo Pacifici, ennesimo ebreo offeso e manesco portavoce della comunità romana, Alemanno e Rutelli si equivalgono. La croce celtica, i saluti romani ... macchè fascismo, io lo chiamo folklore ... sò ragazzi! Camerati che sbagliano.
Ma chi è l'ebreo offeso? L'ebreo offeso confonde la critica col pregiudizio, anzi non confonde proprio niente, considera delibratamente la critica un pregiudizio razziale e un pericoloso principio di persecuzione. L'ebreo offeso non ha mai subito vere persecuzioni, vere violenze, vere cendure e discriminazioni. Non voglio riesumare l'odiosa concezione della piovra sionista, ma il nostro ebreo offeso è firma dei più importanti quotidiani italiani, opinion leader popolare, conduce trasmissioni e dirige - male a dire il vero - tiggì. Se ricorre all'olocausto lo fa semplicemente per scrollarsi di dosso un accusa, perchè non sopporta di essere contraddetto, non concepisce che nel vasto mondo alberghino opinioni e idee diametralmente opposte alle sue. Perpetuamente accigliato, risentito, col ciglio bagnato perchè qualcuno, i rossi specialmente, vuole tornare a Wansee e risterminarne sei milioni, forse di più, tutti. Quindi si chiede asilo a Berlusconi che sostiene che Mussolini non ammazzava nessuno e, più in generale, alla destra berlusconiana, a Vittorio Emanuele che ritiene di non doversi pentire nè vergognare del nonno sciaboletta firmatario delle Leggi razziali del 38; a Gianfranco Fini, ritenuto comicamente persona dabbene per il solo fatto di aver reso omaggio allo Yad Vashem con in testa il kippah. Anche io ho visitato il cimitero ebraico di Praga col capo cinto dal cappellino di carta biacoceleste, come milioni di altre persone, ma nessuno ci ha mai pubblicamente elogiati e dato patenti democratiche o lasciapassare che ci attestano quali amici spaciali di Israele.

Niente scherzi, siamo compagni

Liberazione indica la strada per la revanche della sinistra: dare ragione a Proudhon, il quale diceva una cristallina verità quando affermava che la proprietà è un viscido furto. Piero Sansonetti, a cui pare Berlusconi e la sua gang dia poco fastidio, filosofeggia sui redditi in piazza e combina un pastrocchio stiracchiatissimo. Primo, pubblicare online i redditi degli italiani scantena un incivile corsa dei voyeur fiscali, i ficcanaso, le sacche umane di bile invidiosi del vicino o del collega d'ufficio. Secondo Vincenzo Visco è l'unico che da sessant'anni a questa parte si sia sforzato di far pagare i tributi a tutti gli italiani, dunque merita un deferente rispetto (condivisibile). Terzo, quando gli spiati sono politici trafficoni, affaristi privi di ritegno, scriteriati manager dagli istinti sibaritici tutti, chi più chi meno, gridano alla morte della privacy, prevedono l'avvento di un Grande Fratello prossimo venturo, un mondo nuovo dominato dal controllo mediatico. Quarto e ultimo punto, i ricchi recriminano sdegnati una violazione della privacy solo quando si portano i loro conti in piazza per amore della trasparenza, madre di due splendidi figlioli come la giustizia e la libertà. E poi, delenda carthago del satiro Piero, la proprietà è un furto, a dispetto di un epoca di mala tempora ove si tende a ricordare che la proprietà non è più un furto (una tempo forse lo era, ma la gente è cambiata e ha preso alla sprovvista i pedoni proudhoniani, mettendoli sotto col gigantesco Suv, altro oggetto simbolico ricorrente negli editoriali dell'organo rifondarolo (ex?). Ps. Grillo si è imbufalito nel vedere i suoi guadagni dati in pasto alla pubblica opinione, al popolo della rete, lui che esalta le potenzialità di trasparenza e oggettività di Internet. Articolo parzialmente sposabile eccezion fatta per tre cose che ora proverò a glossare. Innanzitutto nel secondo punto il direttore dovrebbe spiegare perchè la Sinistra Arcobaleno non ha fatto in campagna elettorale un elogio dei pochi apporti positivi del governo Prodi, visto che promuove in pieno il lavoro svolto dal viceministro dell'economia. Terzo punto, sulla "privacy negata"ai pezzi grossi anche la stessa Liberazione è insorta; durante lo scandalo Berlusconi-Saccà per mano dello stesso direttore vergò a chiare lettere il seguente lapidario giudizio "intercettazioni sacrosante, ma non è così che si fa politica", una frase ambigua che può voler dire tutto e niente. Dispiace ma anche il poscritto toppa forte: Grillo si contraddice e risulta un grande ipocrita quando si indigna per la propalazione dei redditi: è la semplice applicazione del pensiero grillino di massima trasparenza grazie alla Rete. Sui guadagni notevoli - ma non certo esorbitanti - del comico genovese qualcuno ci sarà rimasto sicuramente perplesso o deluso, ma Grillo quei soldi li ha guadagnati legalmente col suo mestiere, facendo l'attore, l'affabulatore e il comico prestato non alla politica ma all'attivismo civile. Non ha estorto nessuno, non ha usufruito di regalie nè tantomeno del denaro pubblico. Al contrario del giornale Liberazione, che come tutti gli organi di partito o meno, incassa la sua brava quota. Legittimo per carità, ma se invece di buttare peti filosofici pestilenziali si cominciasse a seguire il consiglio di Travaglio, demolire la Gasparri permettondo ai giornali di finanziarsi con la pubblicità al momento sequestrata da Rai e Mediaset ed evitando di pagare la salata multa arrivataci dalla Corte costituzionale europea? Insomma la prassi invalsa nei paesi normali, liberali, democratici. La proprietà è - a prescindere - un furto e i proprietari sono dei ladri. Berlusconi invece ha costruito il suo impero all'ombra dello Stato, grazie ai favori della politica (che gli ha assegnato, per decreto, frequenze pubbliche, di tutti) e al riparo dal mercato concorrenziale e selettivo. A danno, ovviamente, di veri imprenditori come Francesco Di Stefano. Ergo Berlusconi è un comunista di Stato, un monopolista, un boiardo della peggior specie (avete presente il Prodi versione Iri?). Sarà per questo motivo che il cavaliere piace tanto ai compagni come Sansonetti.

Il fù Giampaolo Pansa

D: Anche il Tg3 è al servizio del Pds.
R: Ma no, il direttore del Tg3 Alessandro Curzi è un vecchio comunista, intelligente, furbo. Tutti gli altri telegiornali sono enormemente sbilanciati a favore dei loro partiti sponsor.
D: E il Tg3 no?
R: Il Tg3 tira sicuramente la volata alla sinistra in Italia. Ma con misura.
D: Ti piace molto il Tg3.
R: La mia difesa è sospetta. Io sono molto amico di Curzi, gli voglio bene perché è un vecchio paraculo romano. Ma gli sono molto grato perché se io non sono un signor nessuno lo devo a lui che ogni tanto mi invita al Tg3. E' solo grazie a lui che io non sono una lingua tagliata.

Giampaolo Pansa - intervistato da Claudio Sabelli Fioretti Sette pubblicata il 18/10/1992

«Devo presentarle anche Sandro Curzi?» domandai a
Emma.
«No, lui no. So che è stato il direttore del Tg3. E che
il suo era un telegiornale tutto di sinistra. I nemici di
Curzi lo chiamavano TeleKabul, per dire una testata fa-
ziosa, roba da mujaheddin afghani...»

Gampaolo Pansa - Il sangue dei vinti (2006)

« La rete tre, è una rete... posso dirlo? che..., mi fa schifo, eh..., politicamente si..., politicamente si...; Ma voglio che mi querelate »

(Giampaolo Pansa - La 7)

martedì 1 gennaio 2008

sabato 29 dicembre 2007

L'homo faber

Marcello Veneziani avrà sicuramente annusato l'aria di decomposizione che pervade il centrodestra. Altrimenti come si spiega il pezzo pubblicato su Libero (l'organo di destra più malinconicamente spassionato nel servire il suo capatàz) avente quasi un carattere di necrologio, di carme in morte di Silvio Berlusconi. Sproloquia il nuovo Papini (solo per l'acconciatura spericolata, però): lo ricorderemo non come un politico, quello che galvanizzò e rese selvatico il ceto medio-alto, ma come l'homo faber creatore di partiti, movimenti, iniziative e manifestazioni di massa nella migliore tradizione populista. L'alchimista munito di prscienza e poteri arcani che resuscitò e legalizzò la destra estrema italiota, ripescandola e riverniciandola, rendendo praticamente nuovo un pezzo d'antiquariato che saliva agli onori della cronaca solamente per avanzare modeste proposte di antico sapore, folcloriche, come la reintroduzione della pena di morte contro il brigatismo. L'uomo che se ne fotte delle regole democratiche e dei formalismi proprio perchè è vicino col cuore - più che col portafoglio - al cittadino italiano per eccellenza: strafottente, devoto liberale nella sua ribalderia, volpone e maramaldo, misoneista e molto ma molto fascista, eternamente fascista, impregnato dal mito dell'impero romano fecondatore della kultur, svalutata poi nella modesta civilization anglosassone. Ricorda Massimo Teodori, altro poeta al capezzale del genio moribondo, che l'Italia è stato da tempi immemorabili un paese conservatore e volendo esagerare pure mezzo fascista, golpista, insofferente a regole democratiche, vitale e generoso ma pronto a trasformarsi belva sprezzante della "sensibilità democratica" comunista o radical chic, suscettibile di scelte severe atte a mantenere lo status quo. Per un liberale come si autodefinisce, forse con troppo amor proprio, Teodori, non è niente male la scoperta a sessant'anni suonati dell'umore sostanzialmente fascista covato dal proprio paese. Io vorrei ricordare l'altro Teodori, quello che coi suoi ex compagni radicali faceva il movimentista e l'attivista per i referendum su divorzio e aborto per "modernizzare il paese", metterlo al passo con le nazioni civili e guai a chi si volta: anche se i zuavi pontifici sono una maggioranza, silente, indietro non si torna. Il Teodori scandalizzato che intimava le dimissioni allo stato maggiore democristiano colluso colla P2 esalta un ex piduista perchè capace di introiettare e rappresentare i bisogni del "paese reale". Complimenti, dottor Teodori. Complimenti davvero. Possiamo consolarci pensando che in definitiva si tratta di un commiat, di un addio al passato verdiano a cui è totalmente preclusa la luce radiosa del futuro. Ognuno prega ed esalta i propri santi, per carità, ma esaminando i trascorsi di qualche devoto e confrontandolo con la specie di santo a cui si rivolge, viene un pò di rabbia e sorge pure una leggera sensazione di nausea foriera di conati di vomito.

L'Italia disperata di Vespa e i ricordi dell'elefantino

Quando sfoglio Panorama ho modo di scorgere sempre uno o due articoli che prima mi fanno accapponare la pelle, poi mi invitano a ridere e da ultimo mi lasciano nella più consistente delle perplessità.
Pezzi del genere, in grado di darti più emozioni degli stupefacenti o degli alcolici, portano solitamente la firma di Bruno Vespa e dell'elefantino, raramente di quell'altro soggetto da neurodeliri, l'ottimo Guzzanti senior. Il giornalista due ruote spiegava, presumibilmente bagnando di lacrime il foglio ... pardon, la tastiera del computer, spiegava insomma come sia diventato facile per i Giovani d'oggi (categoria dello spirito
ormai stracca dunque degna di maiuscola) procurarsi cocaina, eroina e altre droghe. Lui, all'uopo, dopo il delitto di Meredith Kercher, la studentessa inglese assassinata a Perugia, ha sguinzagliato proprio nella bella e serena città umbra una segugia di Porta porta, con l'evidente finalità di comprovare il clima decadente e la rilassatezza di costumi che regnano in loco. Inviate 007, plastici della casa degli orrori, happening e non parliamo di quando si mette a fare la cavia, bevendo vino per sottoporsi poi alla prova del palloncino: che fenomeno, che professionista! Il titolo del pezzo, me l'ero quasi scordato, recitava "Perugia, spaccato d'Italia". L'intenzione è di fare di tutta l'erba un fascio, malvezzo che oggi non ha più senso rimproverare ai media, tanto tracimante e nauseabondo è l'uso che ne fanno. Vespa segue il canovaccio di un moralismo diffuso presso la middle class che magari in edicola compra soprattutto Panorama e in Tv guarda specialmente quel talk show imbarazzante nella seconda serata di Rai1. Ma lasciamo perdere, altrimenti mi impantano nella solita stroncatura anti Tv. Dunque, questa impavida inviata portaportesca dimostrava come la coca pullula, arrivando a dare dei punti persino al commercio al dettaglio di frutta e verdura, e come gli esercenti di tali traffici loschi si piazzino nei luoghi strategici e affollati, tipo le pubbliche piazze, le entrate di edifici comunali o ecclesiastici, nelle scuole e nelle università. Diciamolo: una Sodoma e Gomorra a cielo aperto e a circuito chiuso. La forza pubblica con il suo knut rappresentato dalla legge stanno a guardare, come scrive sull'Espresso il Walker Texas Ranger Giampaolo Pansa, in vena di tolleranza zero e di ammiccante ironia alla difesa bricolage fai-da-te. Tornando dal milionario gazzettiere a due ruote, c'è da dire per concludere, che l'articolo chiosa con una intensa paternale sui bei tempi andati, quando le adolescenti vestivano grembiuoloni monacali, arrossivano e per diventare ragazze madri avevano la buona educazione e la pazienza di aspettare almeno i diciotto anni. I ragazzi vestivano alla marinara fino ai tredici anni di età, coi bravi calzoni corti e il berretto alla Gianburrasca. Allora perchè la Rai non fa un repulisti di vedette, praticamente una retata antimignotte, reintroducendo la mitica donna Letizia, maestra di educandato?
Meglio tacere e andare alla categoria "ricordo cose che voi umani non potete neanche immaginare".
L'elefantino sposato con la giraffa Dall'Olio ricorda per l'appunto i favolosi anni settanta, quelli di piombo e dei porci volanti con le P38 e le stragi di stato. Lui c'era in quel maledetto decennio politicamente rossonero (non ancora nel senso di Berlusconi) nella violenza screanzata di ideologie miserabili, soprattutto la rossa (non ancora nel senso di M.V. Brambilla), che si voleva liberatrice e romantica e pura come la lavanda, anche se gli toccò avere tra le sue fila solo una Faranda. Violenza e insoddisfazione nichilistica tradottesi in realtà dopo che molti troppi intellettuale gauchisti, qualcuno anche in buona fede - "come l'usignolo della chiesa cattolica Pasolini" il quale, aggiungo io, farà una bruttissima fine, sic! -, avevano sparso inchiostro sporco fomentando una generazione, la prima, nata all'insegna del welfare e di un relativo benessere. Le vittime di quella generazione, al di là dei Moro, dei Calabresi, degli agenti di scorta e di tutti i gambizzati, furono anche quei giovani che, come Adriano Sofri, da quell'onda anomala di furore si lasciarono sopraffare.
Perfetto. L'elefantino dimentica Valle Giulia ma forse la memoria ha fatto cilecca; strano perchè lui c'era a picchiare i poliziotti, "lui centra", come recita il motto dell'Udc. Ovvio che l'amarcord elefantiaco chiuda la parabola accomunando i violenti di allora coi Black block, i no Global e il popolo di Seattle di oggi.
Ho gia scritto di questa generazione perduta che vede nei ragazzi del presente i vizi oscuri del loro passato.
Posso solo citare Massimo Fini, che con parole memorabili e coraggiose condanna la classe del sessantotto, delle leve irresponsabili, buone a nulla, ricattatori e cinici, assassini nei fatti e nelle parole, assidui fedeli del millenarismo: ieri comunista e di sinistra; oggi americano e di destra. Nonostante facciano la parte degli scandalizzati, dei benpensanti interessati a conservare l'ordine pubblico, dei personaggi dostoevskiani che hanno saldato i debiti col prossimo e chiuso col passato (a differenza, sostengono, di altra meglio gioventù come Gino Strada, Toni Negri, Mario Capanna ecc.), nonostante tutto, questa marmaglia rimane identica a se stessa a distanza di trent'anni. Hanno solo cambiato collocazione.