sabato 29 dicembre 2007

L'homo faber

Marcello Veneziani avrà sicuramente annusato l'aria di decomposizione che pervade il centrodestra. Altrimenti come si spiega il pezzo pubblicato su Libero (l'organo di destra più malinconicamente spassionato nel servire il suo capatàz) avente quasi un carattere di necrologio, di carme in morte di Silvio Berlusconi. Sproloquia il nuovo Papini (solo per l'acconciatura spericolata, però): lo ricorderemo non come un politico, quello che galvanizzò e rese selvatico il ceto medio-alto, ma come l'homo faber creatore di partiti, movimenti, iniziative e manifestazioni di massa nella migliore tradizione populista. L'alchimista munito di prscienza e poteri arcani che resuscitò e legalizzò la destra estrema italiota, ripescandola e riverniciandola, rendendo praticamente nuovo un pezzo d'antiquariato che saliva agli onori della cronaca solamente per avanzare modeste proposte di antico sapore, folcloriche, come la reintroduzione della pena di morte contro il brigatismo. L'uomo che se ne fotte delle regole democratiche e dei formalismi proprio perchè è vicino col cuore - più che col portafoglio - al cittadino italiano per eccellenza: strafottente, devoto liberale nella sua ribalderia, volpone e maramaldo, misoneista e molto ma molto fascista, eternamente fascista, impregnato dal mito dell'impero romano fecondatore della kultur, svalutata poi nella modesta civilization anglosassone. Ricorda Massimo Teodori, altro poeta al capezzale del genio moribondo, che l'Italia è stato da tempi immemorabili un paese conservatore e volendo esagerare pure mezzo fascista, golpista, insofferente a regole democratiche, vitale e generoso ma pronto a trasformarsi belva sprezzante della "sensibilità democratica" comunista o radical chic, suscettibile di scelte severe atte a mantenere lo status quo. Per un liberale come si autodefinisce, forse con troppo amor proprio, Teodori, non è niente male la scoperta a sessant'anni suonati dell'umore sostanzialmente fascista covato dal proprio paese. Io vorrei ricordare l'altro Teodori, quello che coi suoi ex compagni radicali faceva il movimentista e l'attivista per i referendum su divorzio e aborto per "modernizzare il paese", metterlo al passo con le nazioni civili e guai a chi si volta: anche se i zuavi pontifici sono una maggioranza, silente, indietro non si torna. Il Teodori scandalizzato che intimava le dimissioni allo stato maggiore democristiano colluso colla P2 esalta un ex piduista perchè capace di introiettare e rappresentare i bisogni del "paese reale". Complimenti, dottor Teodori. Complimenti davvero. Possiamo consolarci pensando che in definitiva si tratta di un commiat, di un addio al passato verdiano a cui è totalmente preclusa la luce radiosa del futuro. Ognuno prega ed esalta i propri santi, per carità, ma esaminando i trascorsi di qualche devoto e confrontandolo con la specie di santo a cui si rivolge, viene un pò di rabbia e sorge pure una leggera sensazione di nausea foriera di conati di vomito.

L'Italia disperata di Vespa e i ricordi dell'elefantino

Quando sfoglio Panorama ho modo di scorgere sempre uno o due articoli che prima mi fanno accapponare la pelle, poi mi invitano a ridere e da ultimo mi lasciano nella più consistente delle perplessità.
Pezzi del genere, in grado di darti più emozioni degli stupefacenti o degli alcolici, portano solitamente la firma di Bruno Vespa e dell'elefantino, raramente di quell'altro soggetto da neurodeliri, l'ottimo Guzzanti senior. Il giornalista due ruote spiegava, presumibilmente bagnando di lacrime il foglio ... pardon, la tastiera del computer, spiegava insomma come sia diventato facile per i Giovani d'oggi (categoria dello spirito
ormai stracca dunque degna di maiuscola) procurarsi cocaina, eroina e altre droghe. Lui, all'uopo, dopo il delitto di Meredith Kercher, la studentessa inglese assassinata a Perugia, ha sguinzagliato proprio nella bella e serena città umbra una segugia di Porta porta, con l'evidente finalità di comprovare il clima decadente e la rilassatezza di costumi che regnano in loco. Inviate 007, plastici della casa degli orrori, happening e non parliamo di quando si mette a fare la cavia, bevendo vino per sottoporsi poi alla prova del palloncino: che fenomeno, che professionista! Il titolo del pezzo, me l'ero quasi scordato, recitava "Perugia, spaccato d'Italia". L'intenzione è di fare di tutta l'erba un fascio, malvezzo che oggi non ha più senso rimproverare ai media, tanto tracimante e nauseabondo è l'uso che ne fanno. Vespa segue il canovaccio di un moralismo diffuso presso la middle class che magari in edicola compra soprattutto Panorama e in Tv guarda specialmente quel talk show imbarazzante nella seconda serata di Rai1. Ma lasciamo perdere, altrimenti mi impantano nella solita stroncatura anti Tv. Dunque, questa impavida inviata portaportesca dimostrava come la coca pullula, arrivando a dare dei punti persino al commercio al dettaglio di frutta e verdura, e come gli esercenti di tali traffici loschi si piazzino nei luoghi strategici e affollati, tipo le pubbliche piazze, le entrate di edifici comunali o ecclesiastici, nelle scuole e nelle università. Diciamolo: una Sodoma e Gomorra a cielo aperto e a circuito chiuso. La forza pubblica con il suo knut rappresentato dalla legge stanno a guardare, come scrive sull'Espresso il Walker Texas Ranger Giampaolo Pansa, in vena di tolleranza zero e di ammiccante ironia alla difesa bricolage fai-da-te. Tornando dal milionario gazzettiere a due ruote, c'è da dire per concludere, che l'articolo chiosa con una intensa paternale sui bei tempi andati, quando le adolescenti vestivano grembiuoloni monacali, arrossivano e per diventare ragazze madri avevano la buona educazione e la pazienza di aspettare almeno i diciotto anni. I ragazzi vestivano alla marinara fino ai tredici anni di età, coi bravi calzoni corti e il berretto alla Gianburrasca. Allora perchè la Rai non fa un repulisti di vedette, praticamente una retata antimignotte, reintroducendo la mitica donna Letizia, maestra di educandato?
Meglio tacere e andare alla categoria "ricordo cose che voi umani non potete neanche immaginare".
L'elefantino sposato con la giraffa Dall'Olio ricorda per l'appunto i favolosi anni settanta, quelli di piombo e dei porci volanti con le P38 e le stragi di stato. Lui c'era in quel maledetto decennio politicamente rossonero (non ancora nel senso di Berlusconi) nella violenza screanzata di ideologie miserabili, soprattutto la rossa (non ancora nel senso di M.V. Brambilla), che si voleva liberatrice e romantica e pura come la lavanda, anche se gli toccò avere tra le sue fila solo una Faranda. Violenza e insoddisfazione nichilistica tradottesi in realtà dopo che molti troppi intellettuale gauchisti, qualcuno anche in buona fede - "come l'usignolo della chiesa cattolica Pasolini" il quale, aggiungo io, farà una bruttissima fine, sic! -, avevano sparso inchiostro sporco fomentando una generazione, la prima, nata all'insegna del welfare e di un relativo benessere. Le vittime di quella generazione, al di là dei Moro, dei Calabresi, degli agenti di scorta e di tutti i gambizzati, furono anche quei giovani che, come Adriano Sofri, da quell'onda anomala di furore si lasciarono sopraffare.
Perfetto. L'elefantino dimentica Valle Giulia ma forse la memoria ha fatto cilecca; strano perchè lui c'era a picchiare i poliziotti, "lui centra", come recita il motto dell'Udc. Ovvio che l'amarcord elefantiaco chiuda la parabola accomunando i violenti di allora coi Black block, i no Global e il popolo di Seattle di oggi.
Ho gia scritto di questa generazione perduta che vede nei ragazzi del presente i vizi oscuri del loro passato.
Posso solo citare Massimo Fini, che con parole memorabili e coraggiose condanna la classe del sessantotto, delle leve irresponsabili, buone a nulla, ricattatori e cinici, assassini nei fatti e nelle parole, assidui fedeli del millenarismo: ieri comunista e di sinistra; oggi americano e di destra. Nonostante facciano la parte degli scandalizzati, dei benpensanti interessati a conservare l'ordine pubblico, dei personaggi dostoevskiani che hanno saldato i debiti col prossimo e chiuso col passato (a differenza, sostengono, di altra meglio gioventù come Gino Strada, Toni Negri, Mario Capanna ecc.), nonostante tutto, questa marmaglia rimane identica a se stessa a distanza di trent'anni. Hanno solo cambiato collocazione.

Il mondo nuovo

Il casino e i Casini soprafFini delle ultime settimane che stanno letteralmente mandando in tilt sondaggisti e politologi hanno una spiegazione cartesiana. Ce la fornisce, bontà sua, un'acuto opinionista del Foglio anonimo (cioè sanza firma, come un noto umanista si autodefiniva con modestia uomo "sanza lettere"). L'epicentro, la causa di questo sommovimento tellurico è semplicemente l'exploit della "tendenza Veronica", vale a dire il berlusconismo di sinistra o il berlusconismo moderato e sennato inaugurato dall'elefante (senza, anzi sanza diminutivo). L'articolo, che puzzava di palombellismo, si reggeva tutto sul ritratto di Luigi, il cadetto di casa Berlusconi, la vera famiglia moderna e di sinistra: allargata, zeppa di separazioni, figli di prime e seconde nozze ma soprattutto di curiosità liberale, di metodi educativi alternativi e progressivi.
Partendo dal giovin signore, che dichiara di avere molti amici di sinistra (riformisti ovviamente, perchè quelli della sinistra radicale sono dei cani anche come amici), di leggere Alberto Moravia (che non sapeva scrivere, secondo l'autorevole elzeviro del suddetto giornale, Camillo Langone), di divertirsi con Roberto Benigni e di appassionarsi parecchio alle battaglie di Beppe Grillo, icona dei giovani padroni del proprio destino. Certo, il futuro sarà tutto in finanza, come un borghese si cucciolo, si aperto e illuminato ma destinato presto o tardi a bere l'amaro calice e andare a "lauràa". Fin qui grazioso e gradevole siparietto semiserio a cui, come di norma, succede il secondo tempo disastroso, una costante in certe articolesse del Foglio.
Lo scrivente strizza l'occhio a Walter col tono di rimbrotto affettuoso intimandogli di procurare il prima possibile amici di destra alle figliole (e considerando anche la grana dell'età da marito perchè non maritarle col bravo Luigi junior?), di lasciar stare le fregnacce cinematografare, campodeiFioriane, di recidere il cordone ombelicale incancrenito che lo lega al morettismo capitolino, segnacolo di assoluto sfigatismo e di smorto poveraccismo. Insomma gli suggerisce di berlusconizzare un pò anche la famiglia dopo aver berlusconizzato il partito e il proprio background, di seppellire le asce da guerra, di firmare un bell'armistizio e brindare a tarallucci e vino con le rispettive tribù, di Arcore e de Roma. 'A livella di Totò potrebbe essere l'oggetto archetipico per suggellare il nostro allegro avviarci verso la morte della democrazia e di tante altre belle cose per cui valeva la pena vivere e lottare. Un tempo, forse; oggi non più. La nuova bicamerale stavolta non farà davvero prigionieri. Omologherà quel poco di differenze rimaste, pareggerà quei salienti residui e antipatici alla tendenza Veronica, che è poi la tendenza Ferrara, la tendenza Polito, Ostellino, Velardi, Palombelli, Costanzo, Vespa ... L'inciucio mette in mezzo pure le famiglie, il privato, auspica il frequentare l'altra sponda come se in questi anni in Italia si fosse avuta una guerra civile dove era proibito parlare col nemico.
Ma sappiamo fin troppo bene chi ha avveleneto ad arte il clima e chi ha eretto barricate e giocato sporco, chi fingeva la guerra totale mentre poi sottobanco si spartiva poltrone e poteri.
La guerra c'è stata e si è combattuta in alto perchè i cittadini sono più maturi e meno smaliziati dei politici, frequentano chi gli pare e piace senza badare al colore politico. Per quanto mi riguarda non ho niente contro il biondo rampollo di Silvio Berlusconi, essendo chiaro che l'intento di quel pezzo di basso giornalismo era quello di far nascere rimorsi presso gli antiberlusconiani irriducibili, di stimolare un'incontro possibile, di additare un domani migliore a catarsi avvenuta, mano nella mano tutti insieme appassionatamente. Francamente preferisco continuare a essere uno sfigato nè di sinistra nè di destra - vista oramai la pacificazione - di leggere anticaglia inutile, di coltivare un pensiero negativo e nichilista stillante odio, di pensare male della gente e sparare cazzate consolatorie, di guardare film sfigati che nessuno guarda e che piacciono a pochi. Preferisco restare fuori dalle porte di Veltroni land, di non accodarmi al buffet. Spero di farcela, che sarà mai? Se qualcuno è riuscito a restar fuori dalle porte del paradiso ...

Se i popoli si emancipano ...

Il referendum cesarista di Ugo Chàvez, coi suoi quesiti finalizzati a legalizzare le riforme socialiste e a istituzionalizzare il mega mandato presidenziale con scadenza nel 2021, è stato respinto. Persino i liberaldemocratici marziani tirano un sospiro di sollievo mentre la sinistra radicale (come mi piace! mai definizione fù più azzeccata) ci va coi piedi di piombo nell'analizzare la bocciatura, concludendo che alla fin fine si tratta di una vittoria fondamentale per conferire credibilità al "socialismo del XXI secolo". Una sconfitta di Pirro, cioè una sconfitta che il tempo, da galantuomo qual'è, convertirà un domani in vittoria o in speranza concreta di vittoria perchè lo ripetiamo, spazza via un bel pò di avvoltoi e uccellacci del malaugurio.
Gli importuni dicevano con la sicumera propria degli ipocriti: Chàvez è un caudillo, un leader (fuori tempo) maximo, un ostacolo per lo sviluppo e la modernizzazione dell'America Latina. Nonostante tutto in quel paese non si registrano, per esempio, situazioni di conculcata democrazia, non sussistono le prove di un dilagante terrore giacobino e rosso tradottosi in leggi speciali che ledono l'habeas corpus e nemmeno un partito unico. Per fortuna lì esiste e opera, in perfetta armonia e salute, una tenace opposizione dotata di una Tv per portare avanti le proprie battaglie e professare il proprio credo. Esiste anche, una volta disinnescato lo strambo esperimento bolivariano, una data di scadenza al mandato presidenziale di Chàvez, il quale, dulcis in fundo, ha vinto democraticamente le precedenti tornate elettorali attuando il suo programma di nazionalizzazioni e di infecondo assistenzialismo. Da biasimare quanto si vuole, ma da rispettare in quanto espressione della volontà di una maggioranza. E allora come mai i nostri eroi blaterano di dittatura, di secondo - tragico - castrismo? Come mai la buttano in politica estera trasecolando a un presunto patto d'acciaio tra Venezuela e Iran? L'Iran, il diavolo cornuto del Ronzinante occidente e del suo cavaliere dalla strana figura Usa? Per un motivo semplicissimo. Vogliono impedire l'autodeterminazione dei popoli in via di sviluppo negandogli una terza via, un altro sentiero che non sia il libero mercato e la globalizzazione (oppure il diretto servaggio agli Stai Uniti) che, sia detto per inciso, in quel continente ha portato miseria e disperazione parimenti al socialismo reale cubano, se non di più. Il famigerato e tacito precetto della Dottrina di Monroe che faceva del sud America "il giardino di casa". Discorsi da Gianni Minà, da rivoluzionario in pensione si dirà. E però questa, una ipotesi a cui sono giunto dopo un'intensa riflessione non priva di dubbi e difficoltà. Mi spiego meglio: il piccolo Cesare Ugo dopo quasi due lustri in cui si è costruito a suon di prebende e sussidi, frutto di una non eterna bonanza petrolifera, una solida base elettorale costituita da desperados, un pò come nell'antica Roma le donazione di grano agli indigenti offerte dai ricchi senatori avidi di consensi. A questa innocente filantropia succede il secondo momento del piano: la legittimazione su carta costituzionale di tale politica. Allora si indice un referendum allo scopo di protrarre il suo mandato per poco più di un decennio, e non nei secoli dei secoli (come ha opinato qualche imbecille interessato). Questo rimettersi alla volontà popolare è già di per sè una mossa degna di fiducia e di rispetto. Ancor più quando la consultazione viene persa onorevolmente e si accetta il responso delle urne, facendo - come presumo - un passo indietro. In breve, Chàvez ha perso la sfida a livello personale vincendola, però, a livello ideale, con l'acquisita credibilità che in passato gli mancava a causa dei colpi di testa e del suo istrionismo personalistico. L'esercizio di democrazia andato male consegna le chiavi del futuro a questo curioso socialismo del 2000, un esperimento riuscitò solo a metà, candidato al ruolo di antidoto o di alternativa alla globalizzazione neocapitalistica.

Oriana Fallaci o della confusione

"La rabbia e l'orgoglio" è un testo capitale per capire dove può arrivare la contraddittorietà umana. La compianta giornalista dava la stura a un comprensibile e incendiario sfogo contro una cultura assassina e barbara. Ma le idee spesso erano ammucchiate alla rinfusa, il concetto poco tenace, le motivazioni a senso unico e le conclusioni sballate. Ecco un sunto della babele argomentativa esposta in quel predicozzo scritto benissimo.
L'america è la nazione più generosa e libera e coraggiosa del mondo però sbaglia a fare il bambascione impelagato dalle pastoie; il comunismo fa schifo ma Lenin in fondo era laico e nel 1979 in Afghanistan l'armat rossa andava sostenuta (quindi americani creduloni, bambascioni e perchè no? coglioni);
le teocrazie sono da evitare però quant'era bono il Dalai Lama Kondun quando faceva il cascamorto con la T-shirt di Popeye! Il passato e da salvaguardare in virtù della tangibilità lasciataci: quante sono elle le moschee, le chiese e i Buddha demoliti dai taliban! Però ... e beh però l'Islam è una merda, e cristianesimo e buddhismo rimangono teocrazie. Vogliamo parlare degli arabi nei loro tratti ontologici? Poveretti, squartati e decollati, maschi e femmine, per mere questioni di moda. Stupidi! Ben gli sta! Perchè non si ribellano e fanno una bella rivoluzione culturale? Alla Mao Zedong, intendo, che come diceva Kondun con la T-shirt, era assai intelligente e dalla sua bocca non usciva mai una sciocchezza? Ma, si sa ... Mao e Dalai, totalitarismo e teocrazia, due nomi un briccone. Poverine le donne arabe a cui è proibito ridere e imbellettarsi ... le nostre femministe radical chic stanno a guardare?! Ma si! Hanno ragione: a ciascuno il suo cielo, il mondo è bello perchè è vario. No, no, no! E che? vogliamo comportarci da egoisti e negare alle sorelle afghane libertà e giustizie e civiltà, voltarci dall'altra parte come quelle criptomaschiliste delle femministe nostrane? Che si fa? Li invitiamo a casa nostra e offriamo loro libertà e buone occasioni lavorative? Sacrilegio! Bisogna sigillarli tutti quanti in un unico pacco postale e rispedirli al mittente, tiè! Perchè i figli di Allah voglioni conquistarci e piegarci alla loro cultura inferiore! Non vogliamo mica cambiare la cupola con la Mecca, La divina commedia con le Mille e una notte, Galileo con Omar Khayyam?!

Siamo tutti laici

Perchè una moratoria dell'aborto sarebbe più rivoluzionaria di quella sulla pena capitale? Perchè mettere a morte un uomo adulto che ha violato le leggi della comunità è tollerabile mentre mettere a morte un feto o un embrione sarebbe inconcepibile. Fermare l'aborto dichiarandolo fuorilegge? Legittimo, ma come? arrestando le donne che scelgono di interrompere la gravidanza ed eventualmente chi le aiuta? Tutte cose comprensibili e forse di buon senso. Ma il problema è sempre lo stesso. Cancelliamo l'aborto solo in Italia. Al solito, chi ha i soldi andrà ad abortire in Francia o in Spagna, magari si tratterà delle mogli o delle figlie dei gran maestri d'etica; chi è sprovvisto di liquidi se la prende in saccoccia. Perchè non occuparci di un'altra strage silenziosa e segreta, su cui nessuno riflette nè tantomeno perde il sonno (e il senno)? La falce della fame e dell'Aids che miete milioni di vite umane, incoraggiata dalla chiesa coi suoi criminali appelli che sollecitano la natalità col "crescete e moltiplicatevi" senza scordare di non usare le dovute precauzioni?
Infine, giudico la tolleranza verso la pena di morte, il concedere licenza d'uccidere allo stato (trasgredendo il sesto comandamento), il più abominevole e secolarista e illiberale pensiero udito negli ultimi decenni.

Cosa vuole veramente il Pontefice?

Il regno di Dio in terra è una pia illusione perchè nell'aldilà e solo nell'aldilà vi sarà la reificazione del mondo perfetto e pacificato. L'umanità deve avere pazienza, dovrà aspettare la fine dei tempi affinchè abbia inizio la pacchia. Prospettiva escatologica all'insegna della rassegnazione? Può darsi. La vita terrena d'altronde è poca cosa e non ci riserva nemmeno la soddisfazione di farsi raddrizzare qualcuna delle sue mille storture. Meglio aspettare e dimenticare lanciandoci nel gran carnevale dell'esistenza privata e pubblica con in faccia una maschera grottesca e in cuore un grande amore per Dio e tutti i santi. Tranquilli che funziona! Se ci ficchiamo in testa di cambiare questo mondo le cose poi si mettono male e non ne vale francamente la pena. Un giorno riscuoteremo la nostra agognata paga; sarà lauta e soddisfacente e la spenderemo alla prima trattoria del paradiso che incontreremo, con i nostri amici e i nostri cari ritrovati. Vedrai che bella rimpatriata! Ahimè, bisogna avere molta pazienza per sopportare l'attesa lunga, irta di difficoltà e sacrifici, di soperchierie e guai, di meschinità e amarezze. Tanto per non annoiarci con la grama vita che meniamo quaggiù, facciamo un bel gioco. Riscopriamo l'illuminismo. Si, quello antirelativista di Voltaire e Condorcet e Rousseau, quello pronto a morire per la libertà d'opinione e a portare la (vera) civiltà - l'occidentale - in ogni anfratto del mondo, ai popoli rimasti indietro nell'indigenza e nella superstizione. Ci baloccheremo con questo gioco, un tempo noto come assolutismo e colonialismo (altro che illuminismo), come un antipasto capace di alleviare la gran fame, in vista del buffet ultramondano.

Chi si ferma è perduto!

Ospitata da Pippo Baudo per Luca Cordero. Se il cavaliere aveva scelto con circospezione volpina i luoghi deputati alla discesa e ridiscesa in campo, rispettivamente gli schermi della sua Tv privata e il predellino di un'auto, al nostro secondo tragico uomo forte è spettato uno spazio risibile in termini di autorevolezza pubblica. Decisamente meglio i palcoscenici confindustriali. L'occasione però fa l'uomo ricco e fortunato. Adesso vi spiego il perchè. La maratona Telethon per la ricerca sul cancro si avviava verso la conclusione quando è apparso il Cordero, in abiti casual e sciarpa verde Telethon, che da più giorni è il distintivo del buonismo catodico a cui non ha saputo sottrarsi neanche un cattivone come Marco Travaglio, giornalista dalla penna avvelenata ma troppo propenso a svendersi ai Talk show più abbietti. Dicevamo, la comparsata del numero uno di Confindustria a Domenica in, programma di punta della rete ammiraglia di viale Mazzini, non prometteva niente di positivo e di buono. Il Pippo nazionalpopolare addirittura si è esibito in un improvvisato panegirico in gloria dell'ospite: "Veramente, non riesco a trovare errori nella tua sfolgorante carriera". Peana fuori luoghi impregnato di untuosa ipocrisia, visto che di note stonate la carriera di questo boiardo è stracolma (e poco dopo lo ha riconosciuto lo stesso interessato), come di fallimenti clamorosi e di piccinerie segrete da teatro checoviano. Val la pena rammentarle? Ma si, ricordiamole tutte di un fiato: mazzette in cambio di promesse di raccomandazioni presso l'Avvocato (con la A maiuscola); Mondiali di calcio 1990 o come li definisce la vulgata "Italia 90", sfigatissimi per i colori azzurri e costellati da scandali piccoli e grandi; Juventus stagione 1990/1991 ecc. Voi direte ma non sta bene ricordare solo i tracolli nella carriera di un manager a torto o a ragione vincente. Pienamente d'accordo, ma non è neppure onesto soffermarsi esclusivamente sulle pagine belle e gloriose del tuo curriculum vitae, senza un minimo di modestia e di decoro. A parte la piaggeria che sembra ormai entrata a far parte dell'abc di questa nuova specie di intrattenitore-giornalista, sulla cui deontologia faccio le mie riserve, il signor Cordero raccontava storielle palesemente risapute, suonava uno spartito orecchiato con il malgarbo nervoso del principiante. Ricordava l'ottimismo berlusconiano rivisto e corretto dal veltronismo, una mistura imbevibile e repellente, da cui è cosa buona e giusta tenersi a distanza di sicurezza. Il nostro imprenditore fattosi grande e magnifico coi soldi statali, partecipazioni e sgravi e prebende varie, incitava gli italiani a sfoderare il loro gran cuore e la loro proverbiale generosità perchè - sostiene il brav'uomo - la maggioranaza se la passa bene, per questo deve farsi carico di raddrizzare le storture e di aiutare gli indigenti e gli infelici. Gaffe clamorosa, acuita e resa impopolare dal risentito e altezzoso commento - an passant - alla recente analisi del New York Times che vede un'Italia melanconica e alla canna del gas, dove la vita non è più dolce. Aiutato da Baudo, Luca smonta la tesi del fogliaccio antiitaliano salvo poi asserire che l'America è il grande paese da cui l'Italia dovrebbe andare a scuola imparando, nella prima lezione magari, come si fa a impedire che fior di milioni di euro vadano a impinguare le tasche del capitalismo straccione trainato dal nostro esimio Cordero di. Il tempo restante Luca lo impiega profondendosi in un confuso e banale amarcord dei bei tempi andati, il paese povero ma bello degli anni 50, delle mille lire al mese e delle scampagnate in vespa, senza tuttavia mai arrivare a dire che si stava meglio quando si stava peggio, anzi escludendolo proprio; a farci sapere che lui ha incorniciata nel suo ufficio una laurea con lode e relativo master negli States; a informarci che detesta i giovani perbene nemici dell'alta velocità (lui per le quattro ruote ha una passione quasi futurista) e infine che al pari del suo predecessore sa cantare, visto il modo con cui si è lanciato nella loffia e stonatissima cover di Sapore di sale. Tradizionalista e ardito futurista, cabarettista e ottimista, ecco l'uomo che insieme a Veltroni mira a defenestrare Berlusconi. C'è la farà? Comunque vada, sarà un successo.

Invettiva contro la famiglia

La repubblica italiana nata dalle ceneri incandescenti del fascismo è fondata sul lavoro ma ogni si piangono migliaia di morti sul (di!) lavoro. Prima contraddizione in termini. La repubblica italiana è fondata anche sulla famiglia, cellula dello stato imperniato sul sudore, ma le politiche indirizzate a questo fondamentale nucleo sono tra le più penose e inconsistenti d'europa. E non è finita qui perchè non ho ancora nemmeno cominciato la mia requisitoria. La famiglia, almeno quella di ceppo italiota, è tutto fuorchè il presepe zuccheroso e strappacore dipinto dai multiformi esegeti di questa subdola istituzione. Parafrasando scherzosamente il primo articolo della nostra carta costituzionale, potremmo dichiarare che la famiglia italiana è fondato sulla maldicenza, il rancore, l'ipocrisia e il calcolo, una istituzione impregnata di machiavellico senso della realtà dove tutti gli elementi costitutivi di un clan veramente basato sul sentimento affettivo e il sangue vengono svalutati. Svalutati dalla logica dell'individualismo e dei suoi tristi derivati, il culto dell'immagine e l'arte del mercimonio, del ridurre ogni cosa a oggetto vendibile/acquistabile. La famiglia italiana, o forse quella occidentale in toto, è rovinata dal materialismo. Gli attori di questa congregazione recitano una ingrata e talvolta istrionica parte fatta di cinismi, rapacità, amoralità, umori biliosi, violenza scriteriatae cieca sia verbale che fisica. Il suocero detesta il genero perchè volubile e precario mentre la suocera vede nella nuora ogni sorta di male e peccato mortale, la malagrazia, la pigrizia, la fatua incontinenza.
I cognati in questa torva giostra mica se la passano meglio, anzi pagano spesso prezzi salati semplicemente per via del loro buon cuore o della candida ingenuità, perchè impreparati ai mille sotterfugi e logorati da anni di guerra fredda combattuta a schizzi di veleno e bile. Le feste principali - Natale Capodanno e Pasqua - riuniscono i membri della famiglia sparsi un pò dappertutto mettono nei cuori felicità e letizia e speranza in vista di un caloroso e sereno ricongiungimento. Macchè! Giorni d'inferno segreto, dove tutti sono tesi e insoddisfatti, dove anche i piccolini reclamano la loro fetta di veleno e si lasciano marcire nella palude di accidia e di risentimento che pervade ogni fibra del corpo. Il pretesto per sparlare male di persone e cose è abbastanza facile e sempre a portata di mano: una pietanza non cucinata come Dio comanda oppure un regalo meno appetibile di altri o ancora la roulette della rigovernatura per citare i casi dove prevale la materia; un saluto poco caloroso, una mutria silenziosa, un gesto sgarbato o un sorriso malinterpretato per quanto riguarda invece i rapporti umani. Qualunque di questi motivi, ma ve ne sono tanti altri da riempire una lista leporelliana, può essere addotto per scatenare il caos, la guerra calda e fredda che distrugge ogni sentimento spontaneo ammazzando fegato e cuore. La famiglia e il matrimonio perni della società? Meglio, molto meglio restare scapolo.