giovedì 11 gennaio 2007

Guia Soncini e i signornò

Vedo che molti blogger si dilettano a sfottere l'ex recensionista del Foglio Guia Soncini, la tipa nata per trovare il difetto nascosto ai vip mondani e politici, il fondotinta appiccicaticcio, la sniffata di troppo, la scappatella ferragostana, il capo firmato sfoggiato alla marcia di Assisi. E una razza di elzeviristi ibrida, costituita da eterni rimandati agli esami di giornalismo, di sfigati che scimmiottano i veri grandi in questo ramo del giornalismo.
Il maggior difetto di Guia Soncini sta nel disprezzare le regole della buona educazione e della gentilezza, vitali nell'elzevirista, che la fanno costantemente assomigliare ad una casalinga disperata che litiga col macellaio per un conto troppo salato.
Quel tono incazzato e perentorio, ostile alla piaggeria che si deve essenzialmente instaurare tra il divo puro e non taroccato e il puro giornalista di razza nel momento dell'intervista, fra un tè e l'altro, fra pasticcini e vecchi cimeli, nello stile dei maestri come Roberto Gervaso, antipatico e colto quasi quanto Mughini, o del vegliardo Indro Montanelli, che modestamente confessava i segreti del mestiere, di come disbrigasse le interviste con "Quattro chiacchiere e un paio di immaginose invenzioni", alla maniera dei grandi scrittori di feuilleton divisi tra gala penna e calamaio.
Questa piccola aggressiva dal visetto pulito, battagliera e tagliente sui temi che riguardano la donna, stonata nel momento di premiare la tv di qualità, spaesata dinanzi al genio, rancorosa al cospetto del disappunto altrui, gioca a fare la Oriana Fallaci di provincia provocatoria e sputtanante, ma il gioco non le regge e l'impalcatura viene giù subito. Appare in tutta la sua trascurabile insignificanza, brucia il fatto che scrive per quotidiani e settimanali sbagliati, dove non è azzecca neanche mezza infuriandosi e schizzando fango e veleno sui poveri lettori che osano inviargli una lettera solo un pò rimostrante. Cestinata unitamente alla montagna di scartoffie che scrive da quel Foglio, questa casafamiglia ribollente di geni in sinecura, giubilati, che brucano lo scibile convinti di servire e di essere seguiti da una massa ben più imponente di quella spenta e debilitante mini-orda di snob scocciati dalla società ma che non vogliono cambiare, limitandosi a fare chiasso e confusione intorno alla minima quisquilia del tal filosofo o del tal antropologo, come se la gente fatta di carne e ossa e non di spugna e plastica e spazzatura come loro consultasse Leo Strauss o gli aforismi di Ratzinger o Cervantes prima di decidere se, con chi, come e quando avere un figlio. Basta, mi accorgo di aver introiettato lo stile della Soncini e di essermi sfogato abbastanza. Anche io sono un pessimo elzeviro che sa solo sparare a zero su travet della carta stampata impagliati.

Barbera Filippo

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