giovedì 11 gennaio 2007

Bocca taci!

Rimescolando la storia della prima repubblica, può capitarci di incontrare il Giorgio Bocca investigatore che indaga, occhiali scuri, taccuino, penna e pistola nel fodero, sui retroscena della strage di piazza fontana, pervaso da pessimistico e sarcastico odio anarchico verso la polizia. Rettifico: verso i capoccia della polizia.
Entrato in una scuola di periferia della mole, e siamo gia nel versante Philip Marlowe o del suo corrispettivo Siciliano incarnato da Salvo Montalbano, per tenervi un fervorino sulla resistenza, Bocca si vede scacciato in malo modo dal lancio di frutta e verdura e mandato americanamente a quel paese: “vaffanculo nonno!”.
La preside lo crede un successone e aiuta l’ex partigiano a tirarsi fuori da un sicuro linciaggio. Quegli immigrati terroni non avevano mai sentito parlare di resistenza, non erano ancora nati ed erano cresciuti nel mito del bandito Giuliano, trasfigurato dalla credulità popolare in una sorta di Robin Hood o Zorro locale.
Bocca continua la monotona predica puntando l’indice sull’etica del malcostume perseguita dagli Italiani (figli indegni, in qualche modo, di Michelangelo e Leonardo), su preciso assist dei corrotti governanti.
Benché apprezzi i buoni propositi del giornalista, frutto di una viscerale e anche sincera e accorata indignazione di un figlio della resistenza, le reprimende e le escandescenze da sanculotto finiscono presto per stancare e far circolare l’infausto provirus del qualunquismo, abile a inserirsi sotto la cromatura del civismo.
Cerchiamo di finirla una buona volta con il malsano dopolavoro e dopopranzo dello sparare a zero sulle istituzioni, schifose, della prima, seconda o non so che diavolo, repubblica; troppe cartoline e storielline e facce fotogeniche ci offre la politica in questo presente, con un giornalismo diviso in fazioni ed estraneo al senso critico; ma non è coi de profundis ne col roba da chiodi generalizzato ed esteso a levante e a ponente che riusciremo a migliorare e a costruire qualcosa.
Il dissociato che scrive per la Stampa e per il Corsera è uno con una personale visione del paese e del mondo che può essere condivisa o respinta, ma non è e non può essere sistematicamente tacciato di collaborazionismo e scarsa sensibilità al delicato argomento dell’informazione, libera informazione, italiana.
Riccardo Barenghi, Piero Sansonetti, Adriano Sofri e Lucia Annunziata hanno avuto i loro bei dispiaceri dagli anomali mass media italiani, perché chiamarli pure imbelli o “terzisti” (che non sono) con tanto di perfide virgolette?

Filippo Barbera

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