mercoledì 10 gennaio 2007

Le uova del drago Buttafuoco

Godibile il dizionario redatto da Pietrangelo Buttafuoco sugli uomini "illustri e meschini", ma siamo pur sempre sul versante Michele Serra "de destra".
Buttafuoco è un grande giornalista innanzitutto perchè rifiuta quello che è il diserbante per il talento di chi lavora per la carta stampata: il politically correct.
Cresciuto a pane e fascismo proletario, sociale, intelligente; siciliano arguto e mordace, ingegnoso, moderno e arcaico allo stesso tempo, galantuomo e mascalzone, qualunquista in fatto di morale forte e civista quando si tratta di lavare l'onta del disonore alla "pupa" Sicilia, onore nettato puntualmente e liberalisticamente coll'inchiostro e la provocazione di un conformista.
Quel gusto per il dialetto inserito a piccole dosi, sussurrato quasi tra le pieghe della divina lingua di Dante Alighieri e Alessandro Manzoni, al quale conferisce un tono rude, scanzonato e surreale.
Prezioso strumento di coscienza critica per la sinistra italiana (la quale li può comodamente enumerare sulle dita di una mano), curiosamente piazzato nelle trincee nemiche, banditore di nessuna parrocchia politica, di nessun'uomo della provvidenza, di nessuna maschera grottesca sull'esempio di Giordano Bruno Guerri, anarchico anticlericale a parole; esegeta inattendibile del duce a fatti, con l'inattendibilità connaturata a chi esalta e rivendica un passato che non gli appartiene, tale e quale all'emerita categoria degli spostati di casa nostra(Adornato, Guzzanti, Rossella) comunisti ieri, anticomunisti oggi.
Ci ricorda le contraddizioni dei - da sessant'anni a questa parte - sempre buoni, sempre coraggiosi, sempre intelligenti, sempre riflessivi, eternamente impegnati, mai violenti, sempre aggrediti, oltremodo sensibili intellettuali socialcomunisti.
La mafia culturale come la chiamava senza fronzoli Giuseppe Berto, l'intellocrazia di sinistra o di centro o di destra, mangiapretista o filoclericale, rigorosa o spregiudicata, engagé o disengagé, berlingueriani o craxiani.
Schiaffi morali riservati pure a certe degenerazioni televisive, a certi uomini nuovi del buonismo da sacrestia, di marxismo al lattemiele o di fascismo formato famiglia, di divulgatori a corto di spina dorsale, preti casual e idioti matricolati. Guardare a Buttafuoco con simpatia mi è imposibbile giacchè il suo vero mestiere non è il gazzettiere tutto di un pezzo fradicio di ideologia, colmo di preconcetti e rancori bestiali verso gli avversari che si distanziano volentieri dalle sue preferenze in cabina elettorale. Si capisce in un batter d'occhio se abbiamo a che fare con Pietrangelo Buttafuoco da Agira o con lo stinto pagliaccio di turno con la lingua pronta a lanciare stilettate venefiche, tipo Adolfo Urso o Domenico Nania. Uomo troppo colto per aderire in maniera del tutto incondizionata alle aberrazioni del padre padrone Berlusconi; innamorato dell'opera lirica e delle "femmine" al pari di un personaggio sgorgato dalla letteratura e dal teatro del grand siecle (o, per chi dovesse tenere altri gusti, del siglo de oro), lo prefiguriamo già seduto alla tavola di un ricco banchetto cantare ebbro "viva le femmine, viva il buon vino" come il don Giovanni di Mozart e Da Ponte. Sensuale e atipica razza di intellettuale: moralista uscito dalla fucina brancatiana; satiro sensuale formatosi attraverso la lettura della filosofia tedesca (laureato in filosofia). Immune dalla fregola di cimentarsi nelle arene dello scontro politico, in Sicilia fatto di prebende, colpi di lupara e dai frettolosi e frugali "rusta e mancia", versione colorita ma autoctona del rostbeaf anglosassone. L'agape democristiano tradizionale insomma, rituale dove si predetermina la spartizione dei posti e del potere ancora prima che le elezioni abbiano fatto da ancella al destino e al regolare corso democratico.
Parlo molto della trinacria e poco del nostro meritocratico e perciò almeno moralmente di sinistra, capace di dire parole forti in poetica difesa della propria terra, pragmatico e futurista, possibilista che addirittura spiegava scandalosamente la fenomenologia del fascismo, sfuggita ad augusti e austeri professoroni come Galante Garrone e Norberto Bobbio.
Il fascismo è stato un grande movimento di sinistra poichè il populismo idillico e tradizionalista, fortemente improntato all'ordine sociale, è l'elemento che lo accomuna al comunismo oltranzista proprio come il riformismo esangue e vagamente (e opportunisticamente) libertario lo distingue dal succitato massimalismo rossonero. Con buona pace di tutte le nobiltà, per usucapione, di sangue, d'arte, di toga o di quella più smaccatamente romantica: la nobiltà uterina.


Filippo Barbera

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