giovedì 29 marzo 2007

La colpa è sempre delle toghe rosse.


Sarà passata si e no un'ora dalle richieste dell'accusa sul caso Moggi, che vuole la retrocessione della Juventus in serie C e quelle di Milan, Fiorentina e Lazio, che subito Silvio Berlusconi ha espresso il suo insolentissimo parere.

La colpa dell'ingiusto provvedimento ai danni della squadra meneghina è della giustizia politicizzata, ancora una volta attiva per distruggerlo e intimidire il suo intervento in campo politico. Temo che saranno in molti ad appoggiarlo e stimolarlo nel calvario diffamatorio che sicuramente si protrarrà per tutta l'estate. Giornalisti, membri di partito, opinionisti, tifosi eccellenti.

Sandro Piccinini, che autorevole opinionista non è (sarà al massimo un riguardoso telecronista dal grido d'esultanza stentoreo), compartecipa con Mosca, Liguori e altri esprit libre di Mediaset, ad uno speciale che forza l'abituale planning.

Piccinini, pippolo di giornalista sportivo, intuendo che qualcuno evidentemente poco marmotta avrà capito la mala fede del programma, dopo aver disquisito una breve difesa pro rossoneri, mette imprudentemente le mani avanti, sostenendo che <<>>, francamente fuori luogo caro Sandro (concludo per te la frase).

Il tutto è ammannito per informare in tempo reale i trepidanti tifosi delle squadre interessate alle sentenze, quindi gli si da a bere che tale arcadia si è imbandita al solo scopo di rendere un servizio agli sportivi in genere e non per una particolaristica e malsana tentazione di difendere il Milan, e quindi la squadra dell'ex premier, è quindi la squadra del loro padrone che si era pronunciato abbastanza chiaramente sulla vicenda, con l'abituale distacco e l'abituale imparzialità che gli riconosciamo volentieri ...

In caso di condanna ovviamente sarebbero partiti da quello studio i tribunali popolari e i comitati di piazza pronti a tutto pur di scagionare coram populi l'Ac Milan. Si ripete fino alla noia che il Milan non c'entra per niente, che le colpe sono minime e assolutamente veniali confrontate a quelle della Juventus, che le richieste del procuratore Palazzi sono frutto di un vergognoso giustizialismo.

Supposizioni per niente assodate da prove o atti giudiziari esortativi.

Questo alle squadre in odor di corruzione è stato un processo di cui si è parlato e sparlato molto e in diverse sedi e occasioni ma in cui nessuno del pubblico televisivo ci ha capito un granché.

Un drappello ha però creduto bene di parteggiare per il Milan, la squadra del sovventore supremo, senza esporre i fondamenti che hanno concorso a generare questa convinzione, contenendosi al puro e cieco tifo, arrivando persino ad insultare preventivamente i presumibili confutatori della frettolosa e tendenziosa tesi difensiva televisiva. Uno stupendo e riuscitissimo specchio iridescente dell'Italia che avversa i processi e odia i giudici.

Mancava praticamente solo il rito negromantico di Maurizio Mosca, quel pendolino semiserio dalle dubbie facoltà divinatorie, con la quale una generazione di calciofili è cresciuta comicamente in tensione.

Ma la prevedibilità della sentenza, eteropilotata dal grande burittinaio e sintonizzata sulla rete "Milan in Champion's league", ha disarmato finanche il sacerdote Mosca, che ha desistito alla cerimonia.


Filippo Barbera


Tempi moderni


Angelo Panebianco, Piero Ostellino e Alberto Ronchey sono tra quella schiera di pochi, eletti fortunati che difficilmente si ritroverà in difficoltà negli anni a venire. Sono i famosi e rinomati terzisti che circolano ovunque col passe-partout dello strumento giornalistico a dir male di tale e tal'altra parrocchia, a criticare questa e questaltra formazione politica, a buttare giù libri bianchi sulle ultime sgraziate generazioni traviate da un sistema scolastico e universitario troppo paritario (e scusa la rima) fatto apposta per tarpare le ali dorate dell'élite.

Piero Ostellino, nel pieno dello sfascio del berlusconismo, uccella il tragicomico regime sbraitato dalle opposizioni massimaliste, compie complessi gargarismi intellettuali e virtuosistici esercizi di stile nel parodiare il background ancora torvamente brechtiano di Bertinotti, in un articolo a dire il vero grazioso, dove si accenna a certe analogie tra il Silvio Berlusconi costruito dall'ulivo e Macky Messer, il gangster de "L'opera da tre soldi".

E ha pienamente ragione Ostellino ha sentirsi in dovere e in potere di celiare con leggerezza tempi brutti e bui, ha calcare la mano sulla sconsideratezza dei leader di centrosinistra, ha divertirsi con le pasquinate contro chi alza in maniera immotivata il tono del confronto: è una penna del Corsera mica del Manifesto. Con l'andazzo rischia di perdere il posto e la virtù e di ritrovarsi, non sia mai, ha scrivere filippiche su "L'Unità", in buona compagnia di Marco Travaglio e Antonio Padellaro. Angelo Panebianco dirige coraggiosamente lo strale, che strazia senza lasciare segni, verso i corporativismi bipartisan, i quali lavorano a sbarrare la strada allo sviluppo. "Tony Blair - dice - in Inghilterra ha incrementato le tasse universitarie e consegnerà ai posteri del regno una macchina accademica all'avanguardia, selettiva e rigorosa".

Panebianco dovrebbe francamente rammentare, sempre dalle colonne del Corsera, che l'Italia del migliore dei governi possibili se ne sta relegata all'ultimo posto nella classifica dei paesi che investono e ripongono le proprie speranze nella ricerca scientifica, in congrega con la Grecia, pace all'anima sua.

I cervelli li abbiamo anche in casa nostra, basta tenerceli stretti, evitare che vadano a ingrossare le fila della ricerca Statunitense, sostenerli con le giuste misure economiche, incoraggiare la nascita di nuovi laboratori.

Invece niente, siamo il solito paese immaturo aggrappato agli scogli del provincialismo che aspetta le "cose nuove e meravigliose" dall'America.

Risultato di cui dobbiamo essere fieri e orgogliosi. Merito dell'incontinenza religiosa dei vari Buttiglione, di una pattuglia laica imbelle e fallimentare comandata da untorelli del suo calibro, sempre pronti ha sostenere, abbaiando, la gran via moderna a spese del cittadino e ha infilarsi la coda in mezzo alle gambe quando arriva puntuale il richiamo del Vaticano o del grande capo.

I loro occhi di lince liberali vedono lo scandalo che VOGLIONO vedere, denunciano l'iniquità che reputano balzanamente tale, mantengono basso il volume per non disturbare l'opra di chi ben sanno loro e il sonno beato del popolo. E mi si perdoni questo soggetto maschile da vocabolario populista usato per colloquiare con voi, professorini anglofili con la paturnia del fare moderno e civile, della compostezza e della smisurata, eterna ipocrisia del doppiopetto. Un anglicismo di maniera e vieto irradiato nel paese delle querele precox, così come le eiaculazioni e la dementia. Il paese del tamarro e del vaffanculismo, abitato da una turba di giovani completamente deficienti e di adulti rincitrulliti che la notte pregano qualunque Dio capace di farli scendere dal mondo. Un'universo disarmante che va affrontato, per le rime, disarmati, animati da una costante volontà di ridere per non piangere, impegnati a svelare il trucco cialtrone e a farsi beffe dei finti furbi con una mai paga spietatezza assordante e svuotante. La sprezzante occhiata del positivista si rivelerebbe ridicola e inefficace, denoterebbe una vistosa mancanza di tatto.


Filippo Barbera