sabato 29 dicembre 2007

Se i popoli si emancipano ...

Il referendum cesarista di Ugo Chàvez, coi suoi quesiti finalizzati a legalizzare le riforme socialiste e a istituzionalizzare il mega mandato presidenziale con scadenza nel 2021, è stato respinto. Persino i liberaldemocratici marziani tirano un sospiro di sollievo mentre la sinistra radicale (come mi piace! mai definizione fù più azzeccata) ci va coi piedi di piombo nell'analizzare la bocciatura, concludendo che alla fin fine si tratta di una vittoria fondamentale per conferire credibilità al "socialismo del XXI secolo". Una sconfitta di Pirro, cioè una sconfitta che il tempo, da galantuomo qual'è, convertirà un domani in vittoria o in speranza concreta di vittoria perchè lo ripetiamo, spazza via un bel pò di avvoltoi e uccellacci del malaugurio.
Gli importuni dicevano con la sicumera propria degli ipocriti: Chàvez è un caudillo, un leader (fuori tempo) maximo, un ostacolo per lo sviluppo e la modernizzazione dell'America Latina. Nonostante tutto in quel paese non si registrano, per esempio, situazioni di conculcata democrazia, non sussistono le prove di un dilagante terrore giacobino e rosso tradottosi in leggi speciali che ledono l'habeas corpus e nemmeno un partito unico. Per fortuna lì esiste e opera, in perfetta armonia e salute, una tenace opposizione dotata di una Tv per portare avanti le proprie battaglie e professare il proprio credo. Esiste anche, una volta disinnescato lo strambo esperimento bolivariano, una data di scadenza al mandato presidenziale di Chàvez, il quale, dulcis in fundo, ha vinto democraticamente le precedenti tornate elettorali attuando il suo programma di nazionalizzazioni e di infecondo assistenzialismo. Da biasimare quanto si vuole, ma da rispettare in quanto espressione della volontà di una maggioranza. E allora come mai i nostri eroi blaterano di dittatura, di secondo - tragico - castrismo? Come mai la buttano in politica estera trasecolando a un presunto patto d'acciaio tra Venezuela e Iran? L'Iran, il diavolo cornuto del Ronzinante occidente e del suo cavaliere dalla strana figura Usa? Per un motivo semplicissimo. Vogliono impedire l'autodeterminazione dei popoli in via di sviluppo negandogli una terza via, un altro sentiero che non sia il libero mercato e la globalizzazione (oppure il diretto servaggio agli Stai Uniti) che, sia detto per inciso, in quel continente ha portato miseria e disperazione parimenti al socialismo reale cubano, se non di più. Il famigerato e tacito precetto della Dottrina di Monroe che faceva del sud America "il giardino di casa". Discorsi da Gianni Minà, da rivoluzionario in pensione si dirà. E però questa, una ipotesi a cui sono giunto dopo un'intensa riflessione non priva di dubbi e difficoltà. Mi spiego meglio: il piccolo Cesare Ugo dopo quasi due lustri in cui si è costruito a suon di prebende e sussidi, frutto di una non eterna bonanza petrolifera, una solida base elettorale costituita da desperados, un pò come nell'antica Roma le donazione di grano agli indigenti offerte dai ricchi senatori avidi di consensi. A questa innocente filantropia succede il secondo momento del piano: la legittimazione su carta costituzionale di tale politica. Allora si indice un referendum allo scopo di protrarre il suo mandato per poco più di un decennio, e non nei secoli dei secoli (come ha opinato qualche imbecille interessato). Questo rimettersi alla volontà popolare è già di per sè una mossa degna di fiducia e di rispetto. Ancor più quando la consultazione viene persa onorevolmente e si accetta il responso delle urne, facendo - come presumo - un passo indietro. In breve, Chàvez ha perso la sfida a livello personale vincendola, però, a livello ideale, con l'acquisita credibilità che in passato gli mancava a causa dei colpi di testa e del suo istrionismo personalistico. L'esercizio di democrazia andato male consegna le chiavi del futuro a questo curioso socialismo del 2000, un esperimento riuscitò solo a metà, candidato al ruolo di antidoto o di alternativa alla globalizzazione neocapitalistica.

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