mercoledì 26 settembre 2007

Le cateratte della politica



Sono i giornalisti dobermann del potere: vecchi e insopportabilmente sofistici ma ancora capaci di dettare la linea. Stiamo parlando di Eugenio Scalfari, che sul V day sembra avere le idee appannate. O invece le ha fin troppo chiare?


Eugenio Scalfari dal suo scranno sublime ci serve nuove inarrivabili corbellerie maneggiando la sua

soave penna alla camomilla. Ha voluto attendere il dopo V day after addirittura per farci sapere la sua decisiva opinione. E noi lì tutti trepidanti aspettiamo che arrivi l'articolessa del divin Eugenio, il quale prendendosela comoda ci ha in qualche modo avvertito che le sue saranno osservazioni lapidarie e dense di saggezza al contempo. Purtroppo per lui e i suoi lettori benevoli, così non è stato. Era meglio se Scalfari conservasse le sue opinioni nella parte più segreta e inaccessibile del proprio inconscio. Dalla meditazione del venerabile maestro del giornalismo strampalato è uscita fuori una caotica massa di riflessioni e ammonimenti ripresi dalla letteratura sociologica del secondo dopoguerra. Sonni ed eclissi della ragione; ramanzine sulla responsabilità, primo dovere dell'uomo democratico se non vuole delegare la propria coscienza al primo dittatorello che capita; ribaditi appelli al primato della politica e dell'autorità con le P e le A maiuscole; raffronti espliciti tra la nascita dei fasci di combattimento e dell'uomo qualunque, e quella del cosiddetto “grillismo”.

Per quanto possa fare piacere la libera espressione del pensiero a mezzo stampa, l'articolo scritto da Scalfari è penoso sotto tutti i punti di vista. Le ragioni appaiono evidenti: il guru di Repubblica invita i cittadini all'ordine e alla responsabilità in un momento tra i più critici della storia recente, quello in cui raccogliamo i cocci della seconda repubblica e di tredici anni di sostanziale stasi della vera politica. La vera politica, sia o meno supportata dalla gente che scende in piazza più o meno incazzata, significa analizzare empiricamente i problemi procedendo poi alla loro soluzione.

Quindi la vera politica raccoglie al suo interno la possibilità di far parlare i cittadini sugli argomenti cardine (tasse, scuola, sanità, legge elettorale, politica internazionale, giustizia, telecomunicazioni e diritti civili) lasciando che a decidere sia la maggioranza, come avviene nelle grandi democrazie occidentali. Affinchè ciò si avveri dobbiamo togliere un malvezzo che produce risultati disastrosi: la cattiva abitudine che permette a politici, tecnocrati e clero di legiferare sugli argomenti sopracitati adducendo le solite scuse dalle gambe corte (“c'è in ballo la competitività del nostro paese, ci sono in gioco i valori cristiani, lo stato di diritto la sicurezza dal terrore”).

In definitiva deve essere concessa alla maggioranza degli italiani, popolo adulto e vaccinato, la libertà di scegliersi le regole fondamentali del viver civile, senza ricorrere all'intermediazione pelosa di politicanti, tecnocrati, teologi, imprenditori e compagnia bella. In alcuni stati degli Usa la pene di morte è ancora praticata perchè esiste una maggioranza di cittadini favorevole ad essa. I politici in questo caso si limitano a mantenerla in vigore come extrema ratio della punizione infliggibile al cittadino che trasgredisce le leggi. E stiamo parlando della pena capitale, la quale nel resto dell'america e del mondo desta sentimenti di repulsa ed è vista come una gravissima violazione dei diritti umani. Ora perchè alcune centinaia di migliaia di connazionali (i quali spero facciano da portavoce della maggioranza degli italiani) non possono contestare un sistema politico che li priva di importanti - non fondamentali ma importanti - libertà quali quelle di scegliersi i candidati alla camera e al senato, rompere il duopolio televisivo e non fare legiferare i pregiudicati?

La proposta della scadenza del mandato ai parlamentari (non eleggibile più di due volte) appare discutibile ma esiste nei principali paesi europei e comunque va interpretata come la risposta al mestiere della politica che intende la medesima quale scorciatoia per accedere a un pacchetto vitalizio di privilegi, dalla pensione facile ad un lauto stipendio. Riflettano i barbagianni della carta stampata prima di sentenziare a vanvera moralismi liberaloidi.


Filippo Barbera

Nessun commento: