giovedì 29 marzo 2007

Tempi moderni


Angelo Panebianco, Piero Ostellino e Alberto Ronchey sono tra quella schiera di pochi, eletti fortunati che difficilmente si ritroverà in difficoltà negli anni a venire. Sono i famosi e rinomati terzisti che circolano ovunque col passe-partout dello strumento giornalistico a dir male di tale e tal'altra parrocchia, a criticare questa e questaltra formazione politica, a buttare giù libri bianchi sulle ultime sgraziate generazioni traviate da un sistema scolastico e universitario troppo paritario (e scusa la rima) fatto apposta per tarpare le ali dorate dell'élite.

Piero Ostellino, nel pieno dello sfascio del berlusconismo, uccella il tragicomico regime sbraitato dalle opposizioni massimaliste, compie complessi gargarismi intellettuali e virtuosistici esercizi di stile nel parodiare il background ancora torvamente brechtiano di Bertinotti, in un articolo a dire il vero grazioso, dove si accenna a certe analogie tra il Silvio Berlusconi costruito dall'ulivo e Macky Messer, il gangster de "L'opera da tre soldi".

E ha pienamente ragione Ostellino ha sentirsi in dovere e in potere di celiare con leggerezza tempi brutti e bui, ha calcare la mano sulla sconsideratezza dei leader di centrosinistra, ha divertirsi con le pasquinate contro chi alza in maniera immotivata il tono del confronto: è una penna del Corsera mica del Manifesto. Con l'andazzo rischia di perdere il posto e la virtù e di ritrovarsi, non sia mai, ha scrivere filippiche su "L'Unità", in buona compagnia di Marco Travaglio e Antonio Padellaro. Angelo Panebianco dirige coraggiosamente lo strale, che strazia senza lasciare segni, verso i corporativismi bipartisan, i quali lavorano a sbarrare la strada allo sviluppo. "Tony Blair - dice - in Inghilterra ha incrementato le tasse universitarie e consegnerà ai posteri del regno una macchina accademica all'avanguardia, selettiva e rigorosa".

Panebianco dovrebbe francamente rammentare, sempre dalle colonne del Corsera, che l'Italia del migliore dei governi possibili se ne sta relegata all'ultimo posto nella classifica dei paesi che investono e ripongono le proprie speranze nella ricerca scientifica, in congrega con la Grecia, pace all'anima sua.

I cervelli li abbiamo anche in casa nostra, basta tenerceli stretti, evitare che vadano a ingrossare le fila della ricerca Statunitense, sostenerli con le giuste misure economiche, incoraggiare la nascita di nuovi laboratori.

Invece niente, siamo il solito paese immaturo aggrappato agli scogli del provincialismo che aspetta le "cose nuove e meravigliose" dall'America.

Risultato di cui dobbiamo essere fieri e orgogliosi. Merito dell'incontinenza religiosa dei vari Buttiglione, di una pattuglia laica imbelle e fallimentare comandata da untorelli del suo calibro, sempre pronti ha sostenere, abbaiando, la gran via moderna a spese del cittadino e ha infilarsi la coda in mezzo alle gambe quando arriva puntuale il richiamo del Vaticano o del grande capo.

I loro occhi di lince liberali vedono lo scandalo che VOGLIONO vedere, denunciano l'iniquità che reputano balzanamente tale, mantengono basso il volume per non disturbare l'opra di chi ben sanno loro e il sonno beato del popolo. E mi si perdoni questo soggetto maschile da vocabolario populista usato per colloquiare con voi, professorini anglofili con la paturnia del fare moderno e civile, della compostezza e della smisurata, eterna ipocrisia del doppiopetto. Un anglicismo di maniera e vieto irradiato nel paese delle querele precox, così come le eiaculazioni e la dementia. Il paese del tamarro e del vaffanculismo, abitato da una turba di giovani completamente deficienti e di adulti rincitrulliti che la notte pregano qualunque Dio capace di farli scendere dal mondo. Un'universo disarmante che va affrontato, per le rime, disarmati, animati da una costante volontà di ridere per non piangere, impegnati a svelare il trucco cialtrone e a farsi beffe dei finti furbi con una mai paga spietatezza assordante e svuotante. La sprezzante occhiata del positivista si rivelerebbe ridicola e inefficace, denoterebbe una vistosa mancanza di tatto.


Filippo Barbera

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